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L’ermellino. Un dolce musetto appuntito

L’ermellino. Un dolce musetto appuntito

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Siamo a dicembre. L’atmosfera natalizia comincia a farsi sentire tutto intorno, anche i più distratti ne restano avvolti. Per le strade iniziano ad apparire i primi addobbi, le prime luci colorate; alla radio tornano random nel palinsesto le canzoni cult del periodo, come “Last Christmas” dei Wham o “Happy Xmas – war is over” di John Lennon; alla tv ogni spot si tinge di rosso e si arricchisce delle tipiche simbologie di questa festa.
Simboli legati anche alla natura nella stagione invernale che fa da scenario al Natale, come l’abete, il pungitopo e l’agrifoglio, il vischio, la renna, l’orso bianco, l’ermellino.
I primi due hanno avuto già il loro meritato spazio, stavolta andremo quindi alla scoperta di questo piccolo carnivoro, di cui spesso, a parte un’immagine figurativa, si sa poco o niente.

Chi è l’ermellino?

L’ermellino, Mustela erminea, appartiene alla famiglia dei Mustelidi dell’ordine dei carnivori, e tra le specie presenti in essa è tra le più diffuse grazie soprattutto alla sua capacità di adattarsi a diversi tipi di habitat. In linea di massima la sua distribuzione è limitata alle regioni fredde e temperate della regione biogeografica olartica, ovvero il suo areale comprende la maggior parte dell’emisfero boreale estendendosi dall’Eurasia del nord, all’America settentrionale e alla Groenlandia. In Italia è presente solo lungo l’arco alpino, con un areale piuttosto frammentato. Arrivando a popolare zone fino a 3500 mt di quota, l’ermellino è in grado di colonizzare differenti habitat; preferendo i boschi non è strano incontrarlo anche nelle brughiere o nelle praterie purché ricche di vegetazione arbustiva necessaria ad assicurargli un rifugio.

Le caratteristiche

Come la maggior parte degli appartenenti alla famiglia dei Mustelidi, gli ermellini hanno un corpo snello e lungo dotato di una colonna vertebrale molto flessibile, arti brevi, un muso appuntito, occhi e orecchie piccoli. È presente un importante dimorfismo sessuale dove l’esemplare maschio è più grande.
Il mantello varia da rossiccio a bruno-fulvo con ventre color crema demarcato in modo netto, sulla parte terminale caudale è sempre nero, anche durante la muta invernale in cui il mantello diviene completamente bianco. Il ciuffo nero sulla coda è un carattere importante insieme alle minori dimensioni per distinguerlo dalla donnola.
La pelliccia bianca invernale, come poi quella di molti mustelidi, è molto ricercata perché morbida, folta e idrorepellente, determinando purtroppo un’importante riduzione della popolazione.
L’ermellino ha abitudini sia diurne che notturne, di solito si sposta a terra ma è anche un abile arrampicatore e nuotatore.

Il comportamento riproduttivo

La stagione riproduttiva si svolge generalmente da maggio alla fine di luglio, con discrete variazioni geografiche. Se gli accoppiamenti avvengono nella stagione primaverile, le femmine hanno una gestazione di circa due mesi. Se invece avvengono in estate, gli ermellini, come altri Mustelidi, per garantire perfette condizioni ambientali ai nascituri, adottano una seconda tipologia di riproduzione molto particolare: l’impianto dell’ovulo differito nel tempo. Nelle femmine in questo caso l’uovo fecondato si sviluppa solamente per i primi 14 giorni, poi si arresta e rimane in quiescenza nella cavità uterina per circa dieci mesi. Successivamente, al momento adatto, in neanche quattro settimane, lo sviluppo embrionale viene portato a termine. La madre partorisce un numero medio di cuccioli tra 6 e 12 all’interno di tane scelte in anticipo in modo accurato, più spesso sotto terra in lunghi cunicoli. Alla nascita i piccoli sono ciechi, sordi e privi di peli salvo una piccola criniera temporanea di peli scuri, utilizzata dalla madre per spostarli. Intorno alle quattro – cinque settimane sia gli occhi che il condotto uditivo sono aperti e da lì a poco cominciano ad uscire dalla tana e ad avere le prime interazioni sociali. Lo svezzamento inizia verso la settima settimana, dove i cuccioli seguono la madre apprendendo le tecniche di caccia. In questa fase la punta della coda assume la classica colorazione nera. La maturità sessuale è piuttosto precoce negli individui femmine che a due tre mesi, a volte ancora prima dello svezzamento, possono accoppiarsi pur non procreando prole fino alla stagione successiva. I maschi invece maturano più lentamente a circa 10-11 mesi.
Sebbene la longevità potenziale dell’ermellino è stimata anche fino a 12 anni (in cattività), la vita media in natura è di circa 12 mesi, in quanto la mortalità giovanile può essere elevata. Grazie al duplice meccanismo di riproduzione e alla precoce maturità sessuale, l’ermellino ha un ottima capacità di ricostruire le popolazioni e di rispondere alle variazioni di densità delle prede. Quest’ultimo rappresenta uno dei principali fattori di regolazione della densità di popolazione che si manifesta con la riduzione del numero di embrioni che si sviluppano e la mortalità nel nido.
Lo spettro alimentare è decisamente ampio, pur dimostrando una netta preferenza per piccoli mammiferi come conigli, comprende anche piccoli roditori, uccelli e le loro uova, rettili e invertebrati. Occasionalmente si ciba di frutta e bacche.

La caccia

Ogni individuo ha un proprio territorio di caccia delimitato da confini costantemente pattugliati e segnati rilasciando sostanze specifiche, quello dell’individuo maschio è da tre a quattro volte più esteso rispetto a quello della femmina. I giovani maschi si disperdono dai territori di origine poco dopo la nascita, mentre le femmine vi restano per tutta la vita. La dimensione media del territorio ad individuo maschio è pari a circa 10 ettari e spesso è in condivisione con la femmina. Durante il periodo degli accoppiamenti, data anche la promiscuità caratteristica della specie e il dispendio energetico relativo alla ricerca del partner, i maschi adulti abbandonano la territorialità.
La tecnica di caccia prevede una prima fase più lunga in cui avviene la localizzazione della preda, utilizzando soprattutto il senso dell’olfatto, ma con il sostegno anche degli altri sensi, ugualmente molto sviluppati. Una volta avvicinata il più possibile con una velocità incredibile fa un balzo afferrando la preda alla schiena al livello della nuca dove la morde ripetutamente provocandone la morte istantanea. Questa tecnica gli permette di uccidere prede anche di parecchio più grandi rispetto alle sue dimensioni. L’animale una volta ucciso raramente viene consumato sul posto, il più delle volte l’ermellino lo trascina in un nascondiglio per potersi nutrire al sicuro e immagazzinarne una parte come riserva alimentare.
L’ermellino ha bisogno di nutrirsi spesso per soddisfare le notevoli esigenze di energia e di produzione di calore. Ha infatti un elevato metabolismo basale che lo porta a consumare giornalmente la metà del proprio peso in nuove prede. Il periodo di attività varia a secondo della stagione, in inverno è alquanto ridotta e si svolge per lo più di notte, in estate, in relazione anche al periodo riproduttivo, aumenta e diviene diurna.
I potenziali predatori sono carnivori più grandi, tra cui volpe rossa, volpe grigia, martore, pescatori, tassi, rapaci, e di tanto in tanto i gatti domestici.

Una specie invasiva

L’ermellino è considerata in alcuni casi una specie animale invasiva ovvero posta in un habitat differente da quello naturale, grazie alle sue straordinarie potenzialità di sopravvivenza, prospera a tal punto da danneggiare o portare all’estinzione le specie autoctone. Come nel caso della Nuova Zelanda dove furono portati nell’800 per regolare la popolazione di conigli e attualmente sono una minaccia per molte specie di uccelli. Grazie pure ad un’elevata capacità di dispersione naturale e alla capacità di nuotare per 1-1,5 km hanno, infatti, raggiunto diverse isole. Non essendoci abbastanza predatori naturali la Nuova Zelanda per ridurre la popolazione di Mustela erminea sta lavorando ad una tecnica di ingegneria genetica, il cosiddetto gene drive. Il principio di tale metodo è quello di modificare un gene in un gruppo di esemplari e lasciare che si diffonda, tramite la riproduzione, in tutta la popolazione. Ad esempio, in questo caso si può fare in modo che nascano solo esemplari maschi. Sarebbe la prima volta che il gene drive viene sperimentato sia su un animale grande quanto un ermellino sia sull’intero territorio nazionale.
La notizia ancor più risonante e opinabile è la comunicazione da parte del governo della Nuova Zelanda di un piano per sterminare tutti gli animali predatori importati presenti sul territorio entro il 2050, compreso dunque l’ermellino.

di Chiara Garozzo
Divulgatrice naturalistica
Per scriverle: esperti@animaliermagazine.com

 

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