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Giornate Internazionali di Studio 2017. Intervista al prof. Marchesini sul rapporto natura-infanzia

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Nelle Giornate Internazionali di Studio (Gis) che si terranno il prossimo 28 e 29 ottobre diversi ospiti ed esperti tratteranno il tema del rapporto tra la natura e l’infanzia e l’importanza delle interazioni interspecifiche. Abbiamo chiesto all’etologo Roberto Marchesini, fondatore e direttore del Siua, l’Istituto di formazione zooantropologica, di introdurci in questa interessante due giorni, ricca di argomenti ed eventi.

Gentile Prof. Marchesini,
perché ha deciso di intitolare a Dioniso questa 5^ edizione delle Gis?
Il mito di Dioniso è una mitologia del risveglio, richiama il percorrere della linfa vitale che scorre in tutti gli organismi e, in questo modo, li fa crescere e rinnovare ogni anno. Dioniso richiama dunque la nascita e la crescita di un bambino o di un cucciolo, il rinnovamento, un rinnovamento che si verifica sulla terra costantemente, per cui le popolazioni cambiano costantemente. C’è un altro aspetto importante che possiamo dedurre dalla lettura del mito di Dioniso, ovvero che la crescita non sia un fenomeno separato, disgiunto da ogni essere vivente che si autocostituisce, ma è un fenomeno che tiene uniti tutti gli esseri viventi, come se ci trovassimo immersi in una grande circolazione sanguigna che va al di là delle specie e al di là degli individui. Dà l’idea di una dimensione, quindi di una sfera dionisiaca, di un continuum, quindi della continuità del mondo vivente. 

In quali ambiti trova applicazione la zooantropologia?
La zooantropologia ha due grandi ambiti. Il primo è un’applicazione della ricerca di campo: la zooantropologia ci dà una focale per interpretare in modo differente la cultura, per esempio la danza, la musica, la tecnologia, la costruzioni di costumi, di abitudini, di tecniche, di suppellettili, vale a dire tutto quel che è ambito di ricerca dell’antropologia. Si tratta, inoltre, di una focale che può dare all’etologia un altro tipo di prospettiva, ovvero che le specie non sono isolate tra di loro e che si costruiscono delle relazioni molto forti. L’essere umano ha risentito tantissimo di questa influenza, molto di ciò che è suo comportamento umano non è semplicemente un comportamento di specie, ma è un comportamento ibrido. Si tratta dell’ambito che definiamo zooantropologia didattica. L’altro campo di applicazione è di ordine operativo, composto a sua volta da due campi di applicazione: da una parte ritroviamo la consulenza, che si concretizza nel supporto che possiamo dare alle persone che vivono con un animale, mettere in luce quali sono gli aspetti importanti per riunirsi, per incontrarsi, per costruire una relazione corretta. Dall’altra parte ritroviamo l’utilizzo della relazione a scopo educativo o terapeutico: si tratta della famosa pet therapy, ovvero dell’utilizzo di una relazione per ottenere degli obiettivi beneficiari. 

Cos’è la pedagogia zooantropologica?
Il primo aspetto della pedagogia zooantropologica è che l’essere umano è un animale, un animale tra tanti e, come tale, ha delle motivazioni. Tutte le volte che voglio coinvolgere l’animale in un’attività esperenziale di apprendimento lo devo assolutamente coinvolgere, cioè devo cercare di trovare un aggancio sulle sue motivazioni. Questo è fondamentale anche nel bambino. Molto spesso si pensa alla scuola come un compito, in realtà l’apprendimento dovrebbe essere una passione, per cui dovrebbe essere normale trovare un coinvolgimento motivazionale. A dimostrazione di questa tesi, possiamo riscontrare nella pratica che tutte le volte in cui si lavora sulle motivazioni del bambino, ottengo dei processi di apprendimento, mentre se non gli dò motivazioni, non si ottiene il risultato sperato. Il secondo aspetto della pedagogia zooantropologica è che il bambino per costruire la propria identità deve relazionarsi con il mondo della natura, con gli animali e quindi con la diversità. È proprio la diversità che va ad arricchire il suo dizionario di modelli, per cui si tratta di un aspetto molto importante. Il terzo aspetto della pedagogia zooantropologica lo ritroviamo nell’affettività: la relazione con l’animale stabilizza l’affettività del bambino. L’essere umano è frutto di questa relazione, quindi dal punto di vista della crescita è fondamentale lo sviluppo di questo tipo di relazione. 

Come lo status del bambino è influenzato dalle interazioni interspecifiche? Quanto il rapporto con la natura incide sul suo sviluppo? E quali applicazioni trova nella vita quotidiana?
Il bambino è molto interessato agli animali. Lo dimostra il fatto che i giocattoli, i cartoni animati etc. hanno sempre un riferimento agli animali. Il bambino, qualunque attività stia facendo, se vede un animale si ferma, si blocca, è fortissimo l’orientamento verso l’animale. Questo significa che effettivamente le relazioni con gli animali hanno una ricaduta molto profonda sull’identità, sia le relazioni corrette, ovvero relazioni sviluppate ed esperite nella loro completezza, sia relazioni scorrette, che producono carenze nel bambino. 

Quali insegnamenti il bambino può trarre dallo scambio relazionale con l’animale?
A mio avviso, l’insegnamento più grande è la costruzione empatica. È fondamentale capire che gli altri hanno una prospettiva diversa sul mondo: la loro diversità non è una mancanza o un errore ma è qualcosa che ci può arricchire. Saper empatizzare, cioè saper riconoscere e accettare le diverse prospettive dell’altro, e saper anche valorizzare il suo punto di vista, cioè utilizzarlo come patrimonio che ci arricchisce: è sicuramente questo l’aspetto più importante nello scambio relazionale con l’animale.

L’ambiente influenza allo stesso modo i cuccioli umani e animali? E come queste due specie si influenzano tra loro?
Tutti gli animali, umani compresi, sono influenzati dal contesto in cui vivono e crescono sulla base di un’ossatura interna, un’ossatura semplicemente innata ma che, in seguito, si impolpa di esperienze che il soggetto vive attraverso le relazioni con gli altri e con l’ambiente esercitando alcune facoltà e non esercitandone altre. Potremmo, dunque, dire che l’ambiente produce un differenziale di crescita su quelle che sono le caratteristiche dei soggetti. 

Quanto è importante il ruolo della famiglia nell’insegnamento del rispetto?
Si tratta di un ruolo fondamentale, un ruolo che cambia a seconda delle culture. Ci sono culture che hanno difficoltà a relazionarsi con il mondo della natura e con il mondo dell’organico. Il bambino che avrà dei genitori che gli consentono di fare determinate esperienze non subirà una carenza nel rispetto verso la diversità della natura e dell’organico. Non si tratta solo di trasmettere alcuni insegnamenti. ma di cosa il genitore permette di fare al bambino e del modo in cui lo trasmette, ovvero l’osmosi emozionale che deriva da questo processo. 

L’appuntamento è a Bologna il 28 e 29 ottobre 2017 c/o I Portici Hotel, via dell’Indipendenza 69

 

 

 

 

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