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Aggressione dell’orso in Trentino. Il parere di Roberto Marchesini

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Esiste un presupposto scientifico che va preso in seria considerazione nel momento in cui una Provincia, come quella autonoma del Trentino, decide di mettere a punto un “Piano Orso” prendendo i fondi europei del progetto Life Ursus. Si tratta della convivenza. Non si può, infatti, pensare all’orso nei termini di un’oleografia, una cartolina o un documentario che gli abitanti e i turisti possono ammirare da lontano. La convivenza va costruita e implica tutta una serie di prassi che partano dalla considerazione che l’orso è un animale selvatico, che ha esigenze di movimento sul territorio e che può divenire aggressivo se minacciato nelle sue caratteristiche di territorialità e parentalità. Conoscenze etologiche che devono essere poste alla base della convivenza e che devono fare da fondamento a un’altra altrettanto prescindibile politica dell’educazione di chi vive nel territorio. La popolazione, in questo caso del Trentino, deve essere informata su come ci si debba comportare, cosa va fatto e cosa non va fatto in quei contesti dove l’orso vive.

Il caso di Daniza

Prendiamo ad esempio il caso emblematico dell’orsa Daniza uccisa nel settembre del 2014. In quell’episodio vi è stata chiaramente una costellazione di comportamenti sbagliati che hanno fatto capitolare gli eventi nel modo che ben conosciamo: la persona che non si fa sentire, che si muove di soppiatto, che si avvicina ad un’orsa che ha con sé i propri cuccioli. La reazione di Daniza è stata del tutto prevedibile come non posso pensare di entrare nella gabbia del leone e pensare che l’animale non mi aggredisca. Il punto fondamentale è proprio questo, Daniza non era un’orsa pericolosa, era semplicemente un’orsa che si comportava da orsa. Quella che manca è la cultura con cui si gestisce un territorio dove non viene fatta educazione alla convivenza, non si fa monitoraggio, non si danno informazioni adeguate alla popolazione, non si fa educazione nelle scuole. Sia chiaro, se si prendono dei fondi per attuare progetti come quello Life Ursus, ci sono anche responsabilità e doveri. Quello che sta succedendo in Trentino, purtroppo, ha tutte le sembianze di una logica furbesca, di rapina, d’improvvisazione da parte di chi ha intascato dei soldi ma non si è mai assunto le adeguate responsabilità.

L’abbattimento è fallimentare

Rispetto a quest’ultimo caso di presunta aggressione, mi urge rilevare alcuni aspetti a mio avviso fondamentali nell’analisi dell’episodio: non si può pensare di andare a passeggiare in un bosco con un cane senza guinzaglio. Il cane fiuterà le tracce dell’animale selvatico, una volta trovato e resosi conto delle dimensioni impari, tornerà dal proprietario assieme all’orso. Anche in questo caso, l’orso che comportamento ha attuato? Ha difeso la propria incolumità e il proprio territorio. Non si tratta di un orso impazzito o sociopatico, ma di un orso. Se la Provincia decide che bisogna convivere con gli orsi, i proprietari dei cani che vogliono fare una passeggiata nei boschi devono sapere che i loro cani vanno tenuti al guinzaglio perché in certe circostanze, come poi di fatto è avvenuto, il rischio non è probabile, è sicuro.
Infine, chi oggi afferma di voler abbattere l’orso, come a suo tempo è stato per Daniza, sta facendo un’operazione capziosa, furbesca, un’operazione che non è in linea con il progetto stesso. A questo punto, l’amministrazione dovrebbe avere il buon gusto di restituire i fondi europei considerato il fatto che il progetto è stato un fallimento.

di Roberto Marchesini
Filosofo, etologo e zooantropologo

 

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